Nella mitologia indiana il Gange è chiamato la Santa Madre: ogni fedele induista aspira ad andarvi nella sua vita almeno un giorno in pellegrinaggio per immergere il proprio corpo nel fiume sacro, nella speranza di morire sulle sue rive, di esservi cremato e di mescolare le proprie ceneri alle sue acque.
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ell'India dei monsoni non c'è vita senza acqua, senza irrigazione e i fiumi trasportano quest'acqua preziosa. L'acqua regola tutto a cominciare dall'insediamento delle capanne e delle città, che avviene solo quando si è sicuri di conservare il prezioso liquido vitale in bacini di portata sufficiente. Nell'India caratterizzata da un'afa arroventata, sotto un sole cocente e nella polvere che pervade l'atmosfera, la vita è possibile solo grazie all'acqua. Grandi fiumi hanno dato origine a grandi civiltà: il Nilo a quella Egiziana, il Tigri e l'Eufrate a quella sumera, il fiume giallo a quella cinese e l'Indo a quella indiana. Proprio nel caso dell'India sarebbe meglio parlare di due fiumi. Infatti se è vero che la civiltà indiana si è sviluppata nel bacino dell'Indo, è altrettanto vero che nel corso dei secoli successivi molte dinastie decisero di porre la loro capitale nel bacino del Gange. Nella mitologia indiana il Gange è infatti chiamato la Santa Madre: ogni fedele induista aspira ad andarvi nella sua vita almeno un giorno in pellegrinaggio per immergere il proprio corpo nel fiume sacro, nella speranza di morire sulle sue rive, di esservi cremato e di mescolare le proprie ceneri alle sue acque.
Ancora oggi a Benares (l'attuale Varanasi), città santa degli induisti, i pellegrini continuano a recarvisi a milioni per purificarsi e cercare la speranza di una vita migliore, per la loro futura reincarnazione. Eppure quest'acqua purificatrice è terribilmente inquinata! Questi fiumi portavano la vita e la morte nello stesso tempo. Nell'India dei monsoni non c'è vita senza acqua, senza irrigazione e i fiumi trasportano quest'acqua preziosa. L'acqua regola tutto a cominciare dall'insediamento delle capanne e delle città, che avviene solo quando si è sicuri di conservare il prezioso liquido vitale in bacini di portata sufficiente. Nell'India caratterizzata da un'afa arroventata, sotto un sole cocente e nella polvere che pervade l'atmosfera, la vita è possibile solo grazie all'acqua.
Varanasi: la preghiera al sole nascente
Siccità, carestia, epidemia incombono sui contadini e sugli abitanti; la vita media degli indiani era e resta tutt'ora drammaticamente bassa. Un bambino che nasceva aveva poche speranze di diventare vecchio; inoltre la sua nascita lo ancorava alla sua condizione sociale, mediocre per gran parte della popolazione, e ve lo manteneva con la severa disciplina imposta dal rigido sistema delle caste, rafforzando in lui la consapevolezza che la vita non è altro che sofferenza. Ecco perchè l'arte indiana mostra solo essere perfetti, dalle forme prosperose e ben nutriti, eroi dall'aspetto ideale, sfuggiti al loro karma e liberati per sempre dalla catena di reincarnazioni che li perseguitava.
Questo universo ideale dell'arte indiana rappresentato da creature perfette, paradossalmente è più reale agli occhi degli indiani che non i loro vicini e contemporanei, effimeri e destinati a scomparire e perciò di scarso significato. Questo concetto che sminuisce tutta la vita umana, fino a ridurla a un semplice anello di un'interrotta catena di reincarnazioni, culmina nell'accettazione di ogni cosa, oltre che nella paralisi della volontà, perchè nei confronti dell'eternità il tempo e il progresso non hanno nessun senso. Del resto le vite anteriori hanno già deciso tutto e l'esistenza attuale è solo il frutto dei meriti anteriori. Da qui deriva l'aspetto profondamente spirituale del pensiero indiano, da qui ha origine l'indifferenza degli indù per le realtà contingenti e l'attrazione che provano per la spiritualità elevata, come testimonia tutta la loro arte, che non si cura mai di rendere emozioni passeggere.
Rituali hindu sul Gange
Chiusa tra i mari e l'Himalaya, l'India svolse in tutta l'Asia fino alla Cina e al Giappone, un potente ruolo civilizzatore, influenzando con la sua visione e il suo pensiero tutto l'Estremo Oriente; il buddhismo, nato in India, scomparve dopo sette secoli dal suo territorio, ma continuò a fiorire in numerosi paesi dell'Asia, modificandoli profondamente. L'Asia sudorientale portò al più alto grado l'impronta della civiltà indiana cosicchè l'altra cultura armonicamente sviluppata, quella dei khmer, deriva quasi completamente da essa. Per sole tre volte in cinque o sei secoli l'India ha conosciuito l'unità politica: con la dinastia Maurya, poco prima della nostra era, con quella dei Gupta, nei secoli IV e V, e con i Gran Mogol, di origine musulmana, dal XVI al XVIII sec. Negli intervalli principi e reucci innalzarono effimere capitali ma anche templi e palazzi stupefacenti, ma a parte questo il risultato fu lo smembramento politico e non l'unità. Ciò spiega la diversità apparente dello stile indiano, espressione di province molto differenti tra loro. Del resto l'India è un vasto subcontinente, con clima diversi e paesaggi che vanno dal deserto alle valli glaciali, con popolazioni di razze diverse che parlano lingue differenti; la "colla" che ha legato tutti gli indiani fu sempre il brahmanesimo, di cui buddhismo e giainismo furono due germogli. Il giorno in cui una religione, l'Islam, riuscì a sottrarre alle sue radici una parte della popolazione, l'India scoppiò. Nel 1947 il Pakistan musulmano divenne secessionista, dopo il 1970 il Bangladesh, provincia orientale del Pakistan, si staccò a sua volta da quest'ultimo. Ancora oggi le regioni del nord sono in continua guerriglia.